
10/04/2018
I moduli fotovoltaici standard sono rigidi, le celle solari sono protette da un vetro frontale temperato, spesso 3 o 4 mm. Una tecnologia assodata, provata sul campo per più di 50 anni. Indubbiamente il modo migliore di proteggere le celle dagli impatti e dagli agenti atmosferici, sempre permettendo a quanta più luce possibile di raggiungere le celle stesse.
I pannelli solari flessibili non possono, ovviamente, utilizzare vetro, bensì polimeri trasparenti. Questi ultimi sono da tempo considerati come dei sostituti del vetro nel settore fotovoltaico, sono materiali più leggeri e sono infrangibili ma, quale che sia la chimica scelta, non possono essere confrontati col vetro quando si mira a resistenze pluridecennali in ambiente esterno. Nonostante ciò si possono raggiungere buoni compromessi, e negli ultimi venti anni sono state proposte alcune valide soluzioni, principalmente basate su tecnologie fotovoltaiche a film sottili. I pannelli flessibili Unisolar (silicio amorfo) e quelli Global Solar (CIGS) sono due esempi ben noti. La resistenza negli anni dei pannelli flessibili basati su film sottili è, a dire il vero, controversa, ma anche nel campo dei pannelli rigidi, di fronte alle roboanti garanzie di 20-25-30 anni, si conoscono varie brutte storie di fallimenti prematuri.
Dieci anni fa (quasi 11 a dire il vero) Solbian imboccò un percorso diverso: rimpiazzare il vetro con polimeri sì, ma in un modulo fotovoltaico costruito con celle solari in silicio cristallino. Celle che sono nettamente meno sensibili all’umidità rispetto ai dispositivi a film sottili, ma anche più fragili e di certo non così flessibili. I pannelli Solbianflex vennero così concepiti come un compromesso, sfruttando l’alta efficienza del silicio cristallino, ma senza mirare a una totale flessibilità: pannelli flessibili ma certo non arrotolabili o ripiegabili in piccole dimensioni. Il compromesso si dimostrò accettabile: i pannelli Solbianflex sono oggi utilizzati in numerosi mercati.
Prima e dopo l’introduzione sul mercato, le qualità dei prodotti Solbianflex sono state verificate numerose volte. Solbian ha ottenuto le certificazione di prodotto CEI nel 2011 e ha ripetuto i test nel 2015, oltre a ciò il riscontro delle migliaia di clienti ha aumentato negli anni la nostra fiducia, ma un vero confronto quantitativo con la tecnologia standard, e universalmente accettata, del modulo in vetro avrebbe rappresentato un passo importante.
All’inizio del 2013 se ne presentò l’occasione. Uno dei soci di Solbian (Greenergy del gruppo Ilmed) stava costruendo un campo solare sperimentale, per confrontare tecnologie e marche differenti di moduli fotovoltaici. Alcuni dei pannelli sarebbero stati controllati direttamente, tramite l’utilizzo di microinverter Enphase, e un pannello Solbian fu aggiunto a questo gruppo. Sono passati cinque anni, abbiamo i risultati.
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Sul tetto di un edificio storico, uno degli stabilimenti Nobel in Italia, furono installati quattro pannelli da 60 celle, inclinati di 30° e guardanti verso sud-sudest:
Il pannello Solbian fu incollato sopra il vetro di un modulo non funzionante, si può facilmente riconoscere dalla junction box frontale. Poiché le potenze nominali iniziali erano diverse, ci interesseremo principalmente delle variazioni relative nel tempo, comunque una prima idea ce la possiamo fare osservando la produzione di energia nell’intero intervallo di funzionamento (12 febbraio 2013 – 24 marzo 2018), come mostrato nel pannello di controllo Enphase.
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Fig. 1: energia prodotta nell’intero periodo | Fig. 2: energia prodotta nell’ultimo trimestre |
Da sinistra a destra i moduli sono nell’ordine visto sopra, il Solbianflex CP220 è l’ultimo a destra. Le energie totali, se scalate con le diverse potenze nominali, hanno valori molto coerenti.
Un interessante passo ulteriore è quello di osservare lo stesso valore ma su un intervallo di tempo differente, ovvero sugli ultimi tre mesi di funzionamento. Il pannello Solbian non è più il meno produttivo, le cose stanno cambiando!
Ma torniamo a una visione di insieme: l’energia media prodotta settimanalmente durante l’intero periodo di cinque anni:

Il comportamento generale dei quattro moduli è assai simile. E’ possibile vedere i dettagli fini legati alle diverse potenze, ma non si vedono segni evidenti di degradazioni dell’efficienza.
Una analisi più dettagliata si può ottenere calcolando la resa relative dei pannelli. Visto che il modulo Hanwha nel periodo mostra costantemente la miglior resa, abbiamo calcolato il rapporto tra l’energia prodotta giornalmente dagli altri tre pannelli e questo. Ecco i risultati:

Il rapporto iniziale è ovviamente legato alle differenti potenze nominali. Il modulo Isofoton dichiara 235 W e così il rapporto del 97% rispetto a Hanwha è dentro la tolleranza con cui vengono dichiarate le potenze. Lo stesso accade per Jinko e Solbian, con l’ultimo che genera solo il 91% dell’energia dell’Hanwha, come ovvio dati i suoi 220 W. Niente di inaspettato.
Molto più interessante è notare invece l’andamento negli anni: mentre Isofoton e Solbian tendono a chiudere il gap con Hanwha, la differenza tra questo e Jinko cresce, come era già chiaro dalla Figura 2: dalla fine del 2017 il modulo Jinko sta producendo meno energia del modulo Solbian, nonostante 20 W in più di potenza iniziale.
Inoltre, se si guarda alle linee rette che mostrano la tendenza, è chiaro che il CP220 Solbianflex sta recuperando lo svantaggio iniziale più velocemente, in altre parole il modulo Solbian è quello che mostra il minor calo di potenza tra tutti quelli in esame.
Questo, sinceramente, non ce lo aspettavamo!
Oltre ai numeri, l’ispezione visiva dei pannelli ci fornisce qualche indizio in più sul comportamento nel corso degli anni.

Il Solbianflex CP 220 mostra l’età. La superficie ha perso l’aspetto lucido che aveva subito dopo la produzione, ma mantiene una buona trasparenza e non ci sono segni di ingiallimento. Le celle appaiono in buono stato, mentre la JB, esposta al sole, ha subito l’effetto della radiazione ultravioletta ma, essendo il pannello perfettamente funzionante, l’invecchiamento appare confinato all’aspetto superficiale.
Il modulo Hanwha è a posto, confermando la sua posizione da primo della classe.

Il pannello Jinko, invece, mostra zone di colore disomogeneo, aree iridescenti, segni di probabile deterioramento del materiale incapsulante (umidità?).

Le celle monocristalline dell’Isofoton mostrano ampi segni di ossidazione dei bus bar. L’umidità è entrata nella struttura, anche se il pannello non sembra averne subito grossi danni.
Solbianflex CP 220, costruito con celle in silicio monocristallino incapsulate in soli polimeri, è stato confrontato con tre moduli fotovoltaici simili, rappresentanti lo stato dell’arte dei pannelli solari rigidi in vetro. Ogni pannello è stato collegato alla rete e tenuto sotto controllo con un microinverter Enphase.
Il comportamento generale dei quattro moduli lungo i 5 anni di funzionamento è particolarmente simile, la produzione energetica è consistente con le iniziali differenze in potenza nominale.
Una analisi più dettagliata mostra una deriva delle prestazione tra i pannelli, con l’Hanwha che guida il gruppo se si considera la produzione totale di energia. Isofoton e Solbian stanno però recuperando lentamente, in altre parole si stanno degradando meno di Hanwha, mentre Jinko mostra la perdita di potenza più accentuata.
Considerando sia i risultati numerici, sia l’ispezione visiva, si può concludere che nell’intervallo preso in considerazione il pannello Solbian mostra il comportamento migliore tra i campioni in esame, giustificando ampiamente la garanzia quinquennale fornita sull’intera gamma di prodotti Solbianflex.
Solbian EA Srl
Aprile 2018